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Il modo di Camminare potrebbe prevedere il rischio di Demenza

Uno Studio condotto dai ricercatori dell’Università della Tasmania ha evidenziato come l’analisi del modo di camminare di una persona potrebbe aiutare a identificare e prevenire il rischio di sviluppare una demenza cognitiva in futuro. I ricercatori, partendo dal presupposto che le difficoltà di camminare non sono conseguenze inevitabili dell’invecchiamento, hanno quindi chiesto a 400 persone, dell’età compresa tra i 60 e gli 85 anni, di poter analizzare le loro abilità cognitive in associazione ad alcuni test ed ecografie cerebrali, oltre a monitorare il loro modo di camminare.

I Risultati: Relazione tra Camminata e Demenza

Lo studio, cominciato nel 2005, ha messo a punto che le persone che camminano più lentamente e fanno passi più piccoli e irregolari hanno più probabilità di mostrare cambiamenti cerebrali nel tempo, visibili attraverso la risonanza magnetica. Di conseguenza, esse tendono a mostrare segni di deterioramento cognitivo durante i test.
I ricercatori hanno appurato come una velocità di circa un metro per secondo sia connessa a un declino probabile della memoria. Stesso discorso vale per l’irregolarità, che si manifesta ad esempio con rallentamenti o accelerazioni o con una falcata irregolare.
Questo significa che una camminata lenta è un possibile segno di accelerazione dell’invecchiamento biologico, oltre a essere un potenziale indicatore precoce di patologie cliniche.

Camminare per Rallentare il Declino Cognitivo

Ci dicono spesso come l’attività fisica faccia bene a tutte le età. Tenendo conto dei risultati della ricerca va ricordato che un’attività aerobica leggera, ma frequente, rallenta il declino delle funzioni cognitive e di conseguenza previene l’insorgere delle diverse forme di demenza. È stato riscontrato come camminare per almeno 20 minuti per tre volte a settimana aiuterebbe a mantenere un buon livello di circolazione sanguigna nel cervello, riducendo il formarsi delle placche responsabili dello sviluppo di alcune patologie cognitive e neurologiche, come l’Alzheimer.

Conclusioni

Il team di ricercatori ritiene così che la diagnosi precoce sia fondamentale in questo tipo di problema, perché permette di avere il tempo per identificare, ed eventualmente trattare, le cause alla base della malattia. In questo modo è possibile ritardare o, in alcuni casi, addirittura prevenire l’insorgenza della demenza. Tramite l’identificazione di queste persone maggiormente a rischio, è possibile prevenire un’evoluzione significativa della patologia, oltre ad incrementarne la mobilità e mantenere le funzioni cognitive intatte.